CHE TERMINE DESUETO PENSO SUBITO
mentre osservo il robusto signore che a voce alta e con aria sarcastica si aggira tra abiti e grucce senza nemmeno aver salutato.
Poi subito lo affianco e dopo aver detto “buongiorno” lo guido sicura tra i cappotti da uomo.
“Ecco, è quì che deve dare uno sguardo”.
Mi guarda e poi guarda i cappotti.
Mi riguarda e poi guarda i colori, c’è il grigio, il blu, il nero e il cammello.
Tutti ordinati per taglia.
Pare stupito ma non so di cosa.
Poi lo dice:
” è la prima volta che non devo tradurre “.
Poi mi sembra felice di provare e soprattutto di avere a disposizione la giusta taglia nei vari colori.
(gli dico pure che i modelli ora sono rinnovati, il pastrano nasce dal cappotto militare, ma non gli interessa.)
Io penso ai “Racconti di Pietroburgo” di Gogol e alla frase di Dostoevskj che ” tutta la letteratura russa è nata da un cappotto”. Devo rileggere i Racconti, e ricordo che uno si intitola “Il Cappotto”, dove Gogol narra tra ironia, malinconia e una realtà grottesca, che tutti si beffano di un povero impiegato molto amareggiato perchè ha smarrito il suo cappotto nuovo. E vado col pensiero ai tempi passati, all’Italia contadina e di donne ricamatrici come le Sorelle Materassi nel romanzo di Palazzeschi. Penso all’Italia di sartine ago e filo, a quando avere un cappotto nuovo per le feste era la massima ambizione per essere ammirati e poter mostrare un più elevato livello sociale. Non è per struggente nostalgia che ci penso, sia chiaro. Ma per l’importanza e il valore che aveva allora possedere un capo di abbigliamento ben fatto e duraturo. Ora è tutto usa e e getta, per questo la qualità è diventata una rarità. E penso pure che il cappotto è un capo desueto anche per i signori uomini. Il giaccone tecnico ha rubato l’eleganza ma ci ha regalato tanta praticità. Di questi tempi tutto è casual, forse è più saggio essere pratici?
Intanto il tipo che pareva vetusto severo zelante e austero ha comprato stamattina il suo pastrano.
Teresa d. Buon fine settimana