Milano, 30 aprile 2020
Oggi sono una solitudine affollata di pensieri.
DOMANI SI CELEBRA IL LAVORO MA IL GRANDE ASSENTE E’ ANCORA IL LAVORO.
ANCHE SE C’E’ CHI LAVORA DA CASA, QUASI TUTTI I LUOGHI DI LAVORO SONO CHIUSI, DESERTI,
E LI DENTRO DI SOLITO NON CI SONO SOLO CORPI MA ANIME.
QUELLE CHE ANIMANO IL LAVORO CHE TANTE VOLTE AMIAMO E TROPPO SPESSO ODIAMO.
ANIME CHE DOMANI SONO COSTRETTE DAL VIRUS A DISERTARE LE PIAZZE PER CELEBRARE IL LAVORO.
“COS’E’ LAVORARE CON AMORE”?
E’ tessere un abito con i fili del cuore,
come se dovesse indossarlo un vostro caro.
E’ costruire una casa con dedizione
come se dovesse abitarla un vostro caro.
E’ spargere teneramente i semi
e mietere, e mietere, il raccolto con gioia
come se dovesse goderne il frutto un vostro caro.
“E’ diffondere in tutto ciò che fate il vostro soffio dello spirito”
Dovremmo essere Grandi Uomini per omaggiare così tanto il lavoro, per saper riconoscere quali mansioni siamo portati a svolgere, e riuscire ad amare il compito che ci viene dato da fare o che fortunatamente scegliamo di fare e di svolgerlo al meglio delle nostre possibilità. Ma la superficialità il più delle volte ha la meglio sulla responsabilità, la sciatteria prevale sul decoro, il menefreghismo sul dovere, le ruberie sull’onestà, il comando sulla guida, lo sfruttamento sulla generosità.
Il primo maggio 2020, come il 25 aprile scorso, lo ricorderemo per l’isolamento condiviso,
per la condizione di reclusi in casa che siamo costretti a vivere per difenderci dal virus.
Ma la questione economica urge, e preoccupa più del virus.
Il lavoro non è solo passione ma soprattutto sostentamento e da più parti tutti gli operatori economici invocano la riapertura delle attività. Era già crisi ben prima del virus, per i soliti problemi di gestione, per i costi troppo alti, per una burocrazia farraginosa, per la concorrenza sleale, per la bruttura che pare essersi insediata in ogni ambito. Chi a mani giunte, chi a mano armata, tutti vogliamo riprendere in mano le redini della nostra esistenza, la nostra libertà, la nostra creatività.
La cosiddetta Fase2 è alle porte. Dal 04 di maggio, in maniera graduale si riapriranno molte attività.
Saremo guidati da istruzioni precise per poter contenere il contagio che non è assolutamente scongiurato, e il momento richiede tutta la nostra collaborazione e attenzione alle regole per poterci difendere dal nemico oscuro. Siamo testimoni di un tempo che ci ha feriti, preoccupato, rallentato, costretto a fare i conti con la fragilità, con l’inatteso, con i nostri limiti e le nostre miserie, con esercizi d’evasione o d’invasione del proprio dentro. La grande speranza è che ne usciremo migliori, ma il virus potrebbe anche essere la grande scusa per nuove schiavitù, altri raggiri. Urge riparare un mondo in frantumi. Se solo anche dall’alto capissero che la povertà non coltiva oro ma abbruttisce, che la cultura rende l’uomo libero, che non siamo fatti per essere assistiti ma coinvolti nella sfida, che un uomo è fatto per esprimersi non per obbedire. E sapessero guidare il paese verso il bello in tutte le sue manifestazioni.
Più che ripartire direi: partiamo!
Io sono ancora lontana da casa e dal lavoro ma con Antonio ci sentiamo e discutiamo sulla ripresa della nostra attività, che avverrà pare, il 19 di maggio prossimo, sulle cose da fare, sulla sanificazione, sugli acquisti per la stagione estiva, su come saranno possibili visto che le aziende produttrici sono rimaste a loro volta ferme. La primavera nella moda è stata annullata. Abbiamo vissuto un tempo di privazioni, di cancellazioni di eventi, di costrizioni dentro casa dove abbiamo riscoperto la comodità di tute e ciabatte, di abiti comodi, e come accessori per le uscite urgenti le mascherine e i guanti in lattice monouso.
In attesa di capire cosa resterà di noi tolte le mascherine di sicurezza,
cerco di allineare le urgenze di un lavoro rimasto a metà.
—
Teresa d. – Spero saranno presto ricordi di una breve guerra.